Insultare la vigilessa che non parla ladino è insultare le minoranze

Ago 30

Il comportamento di quel tal imprenditore salito recentemente ai “disonori” della cronaca per aver aggredito e insultato la vigilessa “rea” di non parlare il ladino getta una pesante ombra di discredito sulla comunità di Fassa ed in particolare sul movimento ladino. Rivendicare il rispetto per la propria identità implica necessariamente il rispetto della diversità degli “altri”, siano essi membri di minoranze o di maggioranze. Questo ci hanno insegnato i “padri nobili” della ladinità, e figure indimenticabili come don Massimiliano Mazzel, Valentino e Simone Chiocchetti, Ilda Pizzinini, Danilo Dezulian e Ezio Anesi (che ladino di nascita non era) l’hanno testimoniato con il pensiero e con l’azione per una vita intera.

Del resto, che si sia trattato di un episodio del tutto isolato, per nulla rappresentativo di una comunità accogliente ed aperta come quella fassana, l’hanno confermato sia la vigilessa, sia il comandante dei “Polins de Fascia” Gianluca Ruggiero, con parole equilibrate che meritano tutto il nostro apprezzamento. Ma non basta, noi fassani dobbiamo tutti essere consapevoli della gravità del fatto: proprio di questi tempi il ripetersi ossessivo di slogan come “prima gli italiani”, “prima i trentini” e via declinado, rischia di sdoganare persino nelle nostre comunità istinti ed atteggiamenti della peggior specie: il ladino non può e non deve mai essere usato come una clava per giustificare atti intimidatori nei confronti di chicchessia. Le leggi a tutela della nostra lingua non impongono discriminanti etno-genetiche, ma sono intese a favorire l’ampliamento delle competenze linguistiche fra tutta la popolazione: per questo dal lontano 1995 si offrono corsi di alfabetizzazione anche per i non-ladinofoni, per questo le istituzioni preposte sono impegnate in favore dell’inclusione e nel sostegno ai “nuovi parlanti”.

Di tutto abbisognano le nostre popolazioni, tranne che di chiusure, conflitti e divisioni. Incalcolabile è stato, ad esempio, il danno provocato alla coesione sociale in Fassa da iniziative come quella vòlta a fomentare l’ostracismo nei confronti di Moena. Oggi come non mai è necessario saper coniugare il senso di appartenenza, la “ladinità”, in stretta correlazione con lo spirito di solidarietà, di accoglienza, di apertura al mondo che da sempre ha caratterizzato la nostra gente, altrimenti intere generazioni di giovani si allontaneranno inesorabilmente da questi valori.

«El ladin se l sent col cör», scriveva tanti anni fa Valentino Dellantonio (Tinoto Monech), uno dei nostri maggiori poeti. Il ladino è un “fatto di cuore”, non di sangue, di stirpe o di razza. Oggi più che mai dobbiamo stare in guardia: non possiamo rischiare che un patrimonio secolare di esperienze e di conquiste possa finire nel gorgo degli odiatori di professione che impazzano sui social al seguito di politicanti senza scrupoli.

Moena, 3 agosto 2019

Fabio Chiocchetti

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